Rubrica Yellow Brick road di Carlo Ugolotti

Overture: una premessa

Insieme alla redazione di Giù la testa abbiamo deciso di proporvi un viaggio a puntate (a ritroso) nella storia del musical, genere cinematografico che, per definizione, ha più intessuto un simbiotico rapporto tra immagine e musica. Ma prima di inoltrarci in questo coloratissimo trip sonoro va tuttavia specificato – nel brevissimo spazio di una cartella – cosa intendiamo con “genere musical”.

Andiamo per ordine: cos’è un genere cinematografico? Il genere è una narrazione codificata dal punto di vista narrativo e iconico che ripropone “tipi e situazioni” che si ripetono (con varianti) di opera in opera, facilitando la lettura dello spettatore.
Veniamo ora alla portata principale: cos’è il musical? Visto che – come sempre – vi sono diverse interpretazioni, ci facciamo aiutare dal grado zero di identificazione, cioè Wikipedia, che definisce un musical un genere teatrale o musicale in cui: “L’azione viene portata avanti sulla scena non solo dalla recitazione, ma anche dalla musica, dal canto e dalla danza che fluiscono in modo spontaneo e naturale.”[1]

Rocky Horror Picture Show 1975

Sostanzialmente un personaggio deve agire cantando e nessuno intorno a lui si deve stupire, o chiamare uno psichiatra, perché dichiara di volere uscire a fare la spesa cantando e ballando

Questa definizione ci porta quindi ad escludere dal regno dei musical, quei film in cui vengono incluse scene musicali rappresentate come intervalli della narrazione in cui i protagonisti cantano, suonano o ballano consci del fatto che stanno suonando, cantando o ballando all’interno dell’universo di senso del film stesso. Se qualche studioso ha incluso biografie di musicisti, rockstar o compositori nell’ambito del musical [2], io preferisco considerarli bio pic musicali; lasciando al genere di nostro interesse solamente quelle opere appunto possedute dall’innaturale realismo dell’irruzione della musica nella quotidianità delle azioni. In breve Rocky Horror Picture Show, Biancaneve e i sette nani e Mary Poppins si; Bohemian Rhapsody, Flashdance e La Febbre del sabato sera no.

Come vedremo, il musical ha una sua storia (nata ça va sans dire con l’avvento del sonoro, cioè gli anni Venti del Novecento) che si struttura in sottogeneri cinematografici che abbracciano un ventaglio che va dal film di animazione al film backstage e accompagna in modo parallelo la storia del cinema, del teatro e della musica popolare del Ventesimo Secolo. Andando a ritroso nel tempo, la prossima puntata sarà dedicata a un film recentissimo che però guarda direttamente alla grande tradizione storica del musical stesso: La La Land.

West Side Story 1957

Bibliografia:

  • David Bordwell, Janet Staiger, Kristin Thompson, The Classical Hollywood Cinema: Film style & Mode of Production to 1960, Routledge, Londra 1985;
  • Gian Piero Brunetta, a cura di, Storia del cinema Mondiale: Gli Stati Uniti, vol. II tomo I, Einaudi, Torino 1999;
  • Roberto Campari, Cinema: generi, tecniche, autori, Mondadori, Città di Castello, 2002;
  • Roberto Campari, Hollywood-Cinecittà: il racconto che cambia, Feltrinelli, Milano, 1980;
  • Clive Hirschhorn, The Hollywood musical, Octopus Books, Londra, 1986;
  • Gabriele Lucci, Musical, Electa, Milano, Accademia dell’immagine, L’Aquila, 2006;
  • Piero Pruzzo, Musical americano in cento film, Le mani, Recco,1995.

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Musical (data di consultazione 08/05/2020).
[2] Roberto Campari, Hollywood-Cinecittà: il racconto che cambia, Feltrinelli, Milano, 1980, p. 54.