
Cuore selvaggio: un viaggio sulla Yellow Brick Highway
Quest’uscita speciale di Halloween di Yellow Brick Road vi porterà in una versione da incubo del Sentiero Dorato; mentre del Mago di Oz parleremo esplicitamente in una futura puntata, stavolta affronteremo la versione distorta e “malata” che ne ha tratto David Lynch in Cuore Selvaggio nel 1990.
In questa occasione metteremo il film del regista di Twin Peaks in rapporto al classico di Victor Fleming. Anche se per questo speciale Halloween usciremo dal “recinto” dei musical, vedremo come la musica svolga un ruolo centrale anche in Cuore selvaggio per definire le atmosfere di questa storia “senza limiti” ma, soprattutto, sarà il confronto con la fiaba di Dorothy a fornirci una speciale chiave di lettura di questo racconto pulp da incubo.
Partiamo col plot, apparentemente lontanissimo dal racconto della Città di Smeraldo: Sailor (uno scatenato Nicolas Cage) e Lula (Laura Dern) sono due giovani amanti, frequentatori delle sale da ballo, in viaggio per l’America alla ricerca di ristoro e in fuga dalla matrigna di lei, Marietta (Diane Ladd), che tenta in ogni modo di uccidere il fidanzato della figlia. Dopo mille peripezie on the road attraverso gli Stati Uniti e svariati incontri sulla soglia del bizzarro, la focosa coppia si ritrova sull’autostrada (in una scena molto simile all’inizio di La La Land), dopo che un’inspiegabile Fatina Buona ha salvato Sailor da un pestaggio. Tratto da un romanzo di Barry Gifford, a una prima lettura questo soggetto sembra anticipare il filone pulp anni Novanta di film come Natural Born Killers (1994) e Una vita al massimo (1993) ma la genialità di Lynch riesce a produrre un’opera unica integrando questa trama da road movie sanguinario con l’immaginario pop del mago di Oz, liberando quindi la favola di Frank L. Baum da ogni freno inibitore e dando libero sfogo a ogni tipo di pulsione. Se il film di Fleming infatti inizia con un cielo sereno, Cuore selvaggio inizia con l’occhio della telecamera che sfiora il fuoco che rappresenta sia la passione sessuale dei protagonisti ma anche la violenza dell’incendio che ha ucciso il padre di Lula. Come sostiene Todd McGowan, Il mago di Oz distingueva nettamente il mondo del desiderio (il Kansas in bianco e nero) dal mondo della soddisfazione del desiderio (il mondo fatato a colori) mentre Lynch racconta un mondo (a colori forti e intensi) in cui qualunque libido viene soddisfatta senza alcuna limitazione: “Wild at Heart is The Wizard of Oz without Kansas”.Se il film del 1939 era dedicato alle persone “giovani di cuore” (Young at heart), la versione di Lynch è intitolata ai “cuori selvaggi” (Wild at heart). Come Dorothy e il suo cane Toto sono in fuga dal repressivo ordine costituito rappresentato da Miss Gulch/la Strega che vuole uccidere il cagnolino, Sailor e Lula fuggono dalla polizia e dalle grinfie della madre di lei che Lynch mette in scena con le stesse movenze della Wicked Witch (seppur, o forse proprio perché, rappresenta un’incarnazione della donna wasp middle class sessualmente repressa –la Fata Buona rimane invece identica al film originale) e, in alcune scene, le fa addirittura cavalcare la scopa volante e consultare la sfera di cristallo.
In entrambi i film la natura dello scontro tra protagonista e antagonista è la medesima: la purezza si deve scontrare con i tentativi di impedire il raggiungimento della felicità e la soddisfazione del desiderio (più puritano nel 1939, dichiaratamente sessualizzato nel 1990). Se il viaggio di Dorothy è costellato di incontri con creature fantastiche (che però riviste oggi potremmo senza problemi definire lynchiane ante litteram, cfr: i Mastichini o il cavallo che cambia colore), il sogno di Lynch è fatto di morte, sesso (dopo una notte di passioni, Lula dice a Sailor “tu mi porti oltre l’arcobaleno”) e killer folli (una versione del male metafisico delle scimmie volanti). In questa distanza, apparentemente incolmabile, il codice visivo di Cuore selvaggio è lo stesso del film di Fleming tanto che sono continui i riferimenti al Sentiero Dorato, alla Città di Smeraldo, alle scarpette di cristallo (stavolta inutilmente sbattute per tentare di sfuggire da una situazione di stupro), all’acqua che uccide la strega e ovviamente alla Fatina buona del finale. La grande differenza del mondo anarchico del regista di Twin Peaks è che mentre Dorothy trova la felicità nel ritorno a casa, le strade di Lynch sono “strade perdute” che non portano a nulla e l’unica fonte di gioia sta nella passione “selvaggia” della coppia e nel loro permanente essere in fuga.
L’opera di Lynch non si limita però a saccheggiare e riposizionare il classico con Judy Garland ma lo inserisce in un mondo di citazioni postmoderne che vanno da Elvis alle soap passando per il western alla Peckinpah.
Veniamo ora alla questione del musical: se le canzoni nel film del 1939 sono usate in maniera tradizionale (ma lo vedremo nella puntata dedicata specificamente al Mago), Cuore selvaggio può essere definito un bizzarro semi-musical. Tanta (e bellissima) la musica in colonna sonora che va dal lieder di Strauss Im Abendrot al Be-Bop-a-lula di Gene Vincent & His Blue Caps e ai pezzi originali di Angelo Badalmenti. Altra perla è il capolavoro Wicked Games di Chris Isaak, composta apposta per Lynch che ne ha curato anche una prima versione del videoclip in cui appaiono anche Cage e Dern (ne verrà poi realizzata una seconda più patinata)
Questa schizofrenia sonora serve a creare il clima allucinato del film che appunto alterna brani di classica a power metal. Centrale nel film diventa Sloughterhouse dei Powermad, pezzo del cuore della coppia Sailor/Lula che viene riprodotto spesso sia in maniera diegetica che extra-diegetica simboleggiando la folle passione dei protagonisti. Il tappeto sonoro è assolutamente usato in modo invasivo nella narrazione ed il contrappunto tra generi diversi provoca improvvise lacerazioni e scarti dell’atmosfera e del ritmo del film. Ma Cuore selvaggio è anche un musical in senso tradizionale dove le canzoni vengono cantate dentro alla narrazione con lo scopo amplificare la forza espressiva degli stati d’animo dei protagonisti: ed essendo Sailor un fan sfegatato e sosia di Elvis, il film non poteva che chiudersi con una dichiarazione d’amore sulle note di Love me tender, eseguita da Cage in persona.
Concludendo, le ragioni per vedere quest’opera di Lynch sono tante, tantissime e vanno dal Mago di Oz a Elvis rendendo questo viaggio on the road un unicum nella storia del cinema e nella filmografia del creatore di Mulholland Drive. La descrizione più bella di Cuore selvaggio l’ha data Michel Chion definendolo “la più bella ballata che il cinema abbia mai sussurrato alla notte”.