PictofolioI.R.A.Giardini mostruosi

Giardini mostruosi

Ci sono luoghi in Italia che celano misteri ed evocano emozioni ancestrali. Si tratta di specie di spazi tanto antichi quanto attuali. Grandi boschi, parchi che sembrano giardini incantati in cui si incastonano personaggi, si tessono storie dal fascino surreale e grottesco in grado di entusiasmare e richiamare attenzione su luoghi magici in cui si assapora il Genius Loci della paura dell’ignoto rappresentato da mostri protettori, ossimoro del dualismo che governa la vita.
Si tratta di luoghi magici che innescano reazioni verso antiche paure sdoganando i mostri per immergerli nel mondo dell’arte contemporanea nel senso più ampio del termine in cui si assapora il milieu che diventa essenza stessa dell’arte. Sono giardini mostruosi che scrutano, indagano, ricercano, scavano nelle paure più profonde del passato comprendendo come l’uomo ha cercato di narrare i fatti con storie fantastiche per tramandarle sotto forma di pietra e colori.


Il Parco dei Mostri di Bomarzo è da sempre meta di artisti, intellettuali, storici e studiosi che, spinti dalla curiosità, si pongono domande sulle dinamiche ed i processi creativi nella loro forza catartica, si addentrano nelle motivazioni concettuali che si celano nelle intenzioni del Principe Orsini. Per esorcizzare le paure egli assurge il ruolo d’enigmista disseminando il Bosco di intrighi, sotterfugi e magie incarnate nelle figure dei suoi mostri.
Le sue attrazioni, sono cariche di simbolismi, con continui riferimenti e rimandi alla mitologia e al mondo del fantastico. Il visitatore come un moderno Teseo si immerge in un dedalo lineare evocando di tanto in tanto paure concettualizzate all’interno di grandi statue ed edifici surreali spolverando il tutto di indovinelli disorientando gli spiriti.
Pare che la vera intenzione fosse quella di creare un percorso iniziatico, un viaggio verso la scoperta e la sconfitta e presa coscienza delle paure che pervadono ogni sfaccettatura della vita dell’uomo. Il Bosco è chiamato anche “Bosco Sacro” proprio per questo motivo dove non solo “sfogare il core” ma anche meravigliare e distribuire meraviglia agli ospiti.
La percezione dell’osservatore viene arricchita di visioni e stimoli che stuzzicano il pensiero e generano connessioni che si sradicano dall’inconscio e prendono vita nelle connessioni relazionali tra gli enigmi e lo spazio in cui si manifestano: un regno di sogno. Il continuo gioco di immagini, mitologia, mostri cullano l’osservatore tra sonno e naufragio. Mostri marini, tartarughe giganti, satiri, sfingi, draghi, maschere, falsi sepolcri e giochi illusionistici smuovono le tensioni ancestrali degli osservatori.
“Voi che entrate qui, considerate ciò che vedete e poi ditemi se tante meraviglie sono fatte per l’inganno o per l’arte”.

Il regno dei mostri entra a tutti gli effetti nel mondo dell’arte e dell’illustrazione tanto che questi vengono utilizzati come delle guide spirituali, dei mentori spaventosi che, come il Virgilio dantesco, permettono di indagare il mondo nei suoi lati più oscuri rendendo la luce più luminosa. La metafora dei mostri può essere considerato come un viaggio nelle proprie emozioni e dentro sé stessi permette di indagare la rabbia e la sua redenzione tramite il gioco e la creatività come Max il personaggio nato dalla matita di Maurice Sendak nel “Paese dei Mostri Selvaggi”. Chissà se non fosse davvero questo l’intento del Principe Orsini.


C’è un altro luogo più recente rispetto a Bomarzo che nasce per intenti diversi, ma con lo stesso intento percettivo da parte del visitatore, la ricerca dello stupore che non è scalpore, piaga dell’arte contemporanea. Lo stupore genera pulsione creativa positiva da parte dell’osservatore ed innesca una riflessione, mentre, al contrario, lo scalpore è aridamente asettico ed inutilmente anti-costruttivo. Purtroppo è un confine labile all’interno del quale rischiano di cadere numerosi artisti che si auto-attribuiscono questa etichetta. Se il filosofo d’arte e studioso di estetica Dino Formaggio arriva ad affermare che “L’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte” non si fa fatica ad osservare come oggi l’arte sia condizionatamente determinata dal pensiero e dal marketing strategico, dal mercato e dal mero denaro tanto che il pezzo d’arte al giorno d’oggi è diventato una sorta di valuta talmente intangibile da essere perfettamente concreta, una nuova valuta alla stregua dei bitcoin, ma questo è un altro discorso. Questo meta-discorso non deve fare scalpore e ci fa vedere come l’essenza dell’arte si sia piano a piano dispersa nei meandri dei contesti socio-politici ed economici. In questo caso mi sento di affermare che la ricerca dell’artista è genuina o ce lo credere molto bene. La vedo come una coronazione del percorso artistico dell’artista franco-statunitense Niki de Saint Phalle il punto più elevato della sua carriera ovvero il punto in cui scardina lo spazio espositivo e lo scaglia all’interno di un giardino raggiungendo picchi che la proiettano verso un modo di pensare allo spazio e alla sua modificazione che tocca e scalfisce la land art. Riesce a creare qualcosa di surreale, onirico, etereo, qualunque aggettivo gli si voglia attribuire, non basta per identificare il viaggio mistico che vuole fare intraprende attraversando queste.

Aperto nel 1998 e situato sul versante meridionale della collina di Gravicchio, a Capalbio (Grosseto), il Giardino dei Tarocchi è un parco artistico unico nel suo genere, di irresistibile fascino. L’artista ha tratto ispirazione dal Parque Guell di Antoni Gaudì a Barcellona, e ha creato una sorta di percorso spirituale con sculture dai significati simbolici ed esoterici che sono una metafora della vita. I percorsi si snodano liberamente per il Giardino seguendo le sinuosità del terreno, e sul cemento delle strade sono incise citazioni, messaggi e pensieri che accompagnano il visitatore lungo il suo cammino iniziatico. Il Giardino dei Tarocchi regala una continua sorpresa, in uno splendido connubio fra arte, natura e spiritualità.
Mi sento di poter affermare che i mostri nelle loro molteplici sfaccettature sono parte importante della vita delle persone e gli artisti hanno la sensibilità per poterceli restituire il modo catartico nella loro potenza espressiva direzionandone le coordinate nella loro forza distruttiva in modo creativo. I mostri non sono altro che l’esternazione di una parte del dualismo dialettico che costituisce i contrasti che danno equilibrio.
Burri nelle sue opere ci ha voluto evidenziare e denunciare la crudeltà della guerra e il mostro crudele che talvolta nella storia si è impossessato degli uomini e ne ha voluto restituire opere informali talmente potenti da sentirsi parte di quei brandelli di stracci depositati su una tela. Ha voluto anche preservare il mostro naturale che ha distrutto con un terremoto la cittadina di Gibellina preservando il ricordo ed eternando nel cemento la storia con il “Grande cretto”.


I mostri sono sempre serviti come monito, come grido di allarme, di attenzione e sono sempre state presenti nelle carte geografiche dove mostri marini indicavano i confini al di là dei quali era altamente consigliato non andare.
22 ciclopiche statue, rappresentanti ciascuna uno degli Arcani Maggiori dei Tarocchi, ricoperte di mosaici in specchio, vetro pregiato e ceramiche della poetica visiva.


“Sea Monsters on Medieval and Renaissance Maps”, di Chet Van Duzer, racconta la fantastica storia dei mostri marini che i cartografi del passato avevano ritenuto opportuno raffigurare in quelle aree del mondo che fino ad allora erano sconosciute: un avvertimento sui pericoli a cui si andava incontro avventurandosi in oceani lontani e misteriosi.
Il favoloso ed il grottesco hanno sempre avuto una forte presa sull’immaginazione dell’uomo, quando appartengono a territori ai limiti dell’ignoto, ben lontani dalla banalità quotidiana.

L’artista danese John Kenn Mortensen (Don Kenn) ha deciso di esplorare il terrore dei nostri peggiori incubi dell’infanzia con dei brillanti disegni di terrificanti mostri, eseguiti su dei foglietti tipo post-it. In questo modo è riuscito a portare a terra quanto di più oscuro e
trascendente possa esistere nell’immanenza, il sogno in questo modo assume un ulteriore livello di interpretazione. Quando la rabbia e la paura vengono indirizzate nella creatività assumono una forza potenzialmente esponenziale.


Solo il sonno della ragione genera mostri cattivi, ma nel dualismo che compone la vita sono necessari per distinguere ed equilibrare il proprio posto nel mondo.