
A spasso col demone
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TRATTO DA “A SPASSO COL DEMONE” DI FRODO DIGIUGGIOLE, 1996
SCENA 15 – INTERNO OPEL ASCONA
Mentre l’auto sfreccia sulla strada di campagna, un movimento nello specchietto retrovisore attira l’attenzione di GIORGIO. Ma non c’è niente, oltre la pioggia scrosciante e il tratto di strada che si è lasciato alle spalle.
GIORGIO
Cosa?
Prende in mano lo specchietto e perplesso lo sistema. Qualcosa si è mosso dietro di lui, anche se non n’è sicuro. Si volta, ma sul sedile posteriore non c’è niente di strano. Solo una coperta logora. Torna a guardare davanti a sè e in quel momento un’enorme testa scheletrica traslucida gli appare a pochi centimetri dal naso e spalanca a dismisura la bocca con un urlo straziante.
Giorgio urla a sua volta. L’auto sbanda sul suolo bagnato e si ferma.
SCENA 16 – AUTODEMOLIZIONI DA MIRKO (FLASHBACK)
GIORGIO cammina sul fango del ciglio stradale con l’ombrello che non riesce a proteggerlo dal diluvio. Attraversa una cancellata arrugginita, supera le pile di rottami e raggiunge il capannone in lamiera.
GIORGIO
Mirko? Sei qui?
Dai meandri del capannone buio appare MIRKO, con la salopette sporca e una lattina di birra in mano.
MIRKO
Giorgio! Che ci fai qua! Caffettino?
GIORGIO
Oggi no. Devo andare a prendere i bambini a scuola, stasera dormono da me. Il fatto è che la mia macchina non parte.
MIRKO
Vuoi che gli do un’occhiata?
GIORGIO
No, cioè, sono già in ritardo. Non puoi prestarmi un’auto? Una qualsiasi va bene.

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MIRKO
Ehh… Non è che sono un concessionario. La maggior parte non hanno neanche le ruote!
GIORGIO
E quella lì sotto la pioggia?
Indica un’Opel Ascona degli anni ’70, un cumulo uniforme di ruggine.
MIRKO
L’Ascona? Non posso…
Giorgio
Eddai, te la riporto subito, te lo giuro!
MIRKO
Non è quello, mi fido di te. È che è maledetta.
Giorgio
L’auto? Come fa a essere maledetta? É costruita con pezzi di un antico cimitero indiano?
MIRKO
Non scherzare. Un tizio ci è morto dentro per davvero.
Giorgio
Se non mi vuoi aiutare, basta dire che hai voglia di fare lo stronzo.
Mirko sbuffa. Getta la lattina vuota a terra.
MIRKO
Vado a prenderti le chiavi.
SCENA 17 – INTERNO OPEL ASCONA
All’interno della macchina GIORGIO fa lunghi respiri. Sembra sconvolto, mentre si asciuga la fronte dal sudore.
Giorgio
Calma. È solo suggestione.
Con la mano che trema riaccende l’auto e subito i tergicristalli tornano in funzione con un guaito fastidioso. Lui sobbalza, poi scuote la testa e riparte.

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GIORGIO
Che cagone del cazzo che sono.
Giorgio è di nuovo tranquillo quando l’autoradio si accende all’improvviso. L’uomo urla spaventato, ma non molla le mani dal volante. La radio passa in modo frenetico da una stazione all’altra, in una cacofonia di rumori. Giorgio fa per spegnerla ma una mano bianca si sovrappone alla sua. Ha un tuffo al cuore e per poco non si piscia addosso. Si volta verso il sedile del passeggero e trova a fissarlo il volto sfigurato di una persona, bianca cadaverica, con il vuoto al posto degli occhi. Il DEMONE SCHIFOSO.
Giorgio vuole urlare, ma fatica ad articolare un suono. L’auto sbanda e rimane in carreggiata per pura fortuna.
GIORGIO
Chi sei? Cosa vuoi da me?
Urla infine Giorgio, quasi piangendo. Sente il Demone Schifoso avvicinarsi a lui. L’alito dell’entità gli colpisce la guancia. É gelido. Giorgio si scosta ma quello si fa sempre più vicino.
GIORGIO
Ti prego, ti prego, ti prego. Vai via… Cosa vuoi da me?
La radio salta da un canale all’altro, troncando interviste, canzoni e jingle, a formare una nuova frase di senso compiuto.
RADIO
Inferno. Ti. Sta. Aspettando.
GIORGIO
Ti prego io sto solo andando a prendere i miei figli a scuola…
RADIO
Ora. Tu. Morirai.
Giorgio pesta sull’accelleratore e urla. Anche il Demone Schifoso urla, mettendo in mostra i denti aguzzi.
Ai 180 km/h il volante dell’auto vibra in modo preoccupante, anche la macchina fa un rumore strano. Quando sembra che Giorgio stia per uscire di strada, l’uomo pesta sul freno e l’auto inchioda sbandando per una trentina di metri.
Si trovano davanti alla scuola elementare in mattoni rossi.

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Giorgio non aspetta neanche un secondo: afferra le chiavi ed esce dalla macchina. Quando chiude lo sportello, vede il volto del demone contorcersi al di là del vetro.
SCENA 18 – AUTODEMOLIZIONI DA MIRKO (FLASHBACK)
MIRKO mette un mazzo di chiavi nelle mani di GIORGIO.
MIRKO
Mi devi una birra. Ricordalo.
GIORGIO
Ma sta storia del fantasma?
MIRKO
Massì, c’è sto demone con tutte ste bolle in faccia. Uno schifo. Non si capisce se è una maledizione babilonese o il fanstasma di sto tizio che in autostrada…
GIORGIO
Ma… ma… è pericoloso?
MIRKO
Mannò! Fa solo scena. Il peggio che ti capita è che t’insulta in latino. É innocuo! E poi non può uscire. É il demone della macchina perchè sta nella macchina, da lì non si muove, fidati.
Mirko sorride dando una pacca sulla spalla all’amico.
SCENA 19 – INTERNO OPEL ASCONA
GIORGIO, sul piazzale della scuola saluta i due bambini, LUCA e GIGETTO che stanno correndo verso di lui. Getta un’occhiata al demone, che si contorce assatanato sui sedili anteriori dell’Opel.
GIORGIO
La mia ex-moglie mi fa molta più paura.
Torna a guardare i figli, salutandoli con un braccio.

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TRATTO DA “A SPASSO COL DEMONE” DI FRODO DIGIUGGIOLE, 1996
SCENA 15 – INTERNO OPEL ASCONA
Mentre l’auto sfreccia sulla strada di campagna, un movimento nello specchietto retrovisore attira l’attenzione di GIORGIO. Ma non c’è niente, oltre la pioggia scrosciante e il tratto di strada che si è lasciato alle spalle.
GIORGIO
Cosa?
Prende in mano lo specchietto e perplesso lo sistema. Qualcosa si è mosso dietro di lui, anche se non n’è sicuro. Si volta, ma sul sedile posteriore non c’è niente di strano. Solo una coperta logora. Torna a guardare davanti a sè e in quel momento un’enorme testa scheletrica traslucida gli appare a pochi centimetri dal naso e spalanca a dismisura la bocca con un urlo straziante.
Giorgio urla a sua volta. L’auto sbanda sul suolo bagnato e si ferma.
SCENA 16 – AUTODEMOLIZIONI DA MIRKO (FLASHBACK)
GIORGIO cammina sul fango del ciglio stradale con l’ombrello che non riesce a proteggerlo dal diluvio. Attraversa una cancellata arrugginita, supera le pile di rottami e raggiunge il capannone in lamiera.
GIORGIO
Mirko? Sei qui?
Dai meandri del capannone buio appare MIRKO, con la salopette sporca e una lattina di birra in mano.
MIRKO
Giorgio! Che ci fai qua! Caffettino?
GIORGIO
Oggi no. Devo andare a prendere i bambini a scuola, stasera dormono da me. Il fatto è che la mia macchina non parte.
MIRKO
Vuoi che gli do un’occhiata?
GIORGIO
No, cioè, sono già in ritardo. Non puoi prestarmi un’auto? Una qualsiasi va bene.

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MIRKO
Ehh… Non è che sono un concessionario. La maggior parte non hanno neanche le ruote!
GIORGIO
E quella lì sotto la pioggia?
Indica un’Opel Ascona degli anni ’70, un cumulo uniforme di ruggine.
MIRKO
L’Ascona? Non posso…
Giorgio
Eddai, te la riporto subito, te lo giuro!
MIRKO
Non è quello, mi fido di te. È che è maledetta.
Giorgio
L’auto? Come fa a essere maledetta? É costruita con pezzi di un antico cimitero indiano?
MIRKO
Non scherzare. Un tizio ci è morto dentro per davvero.
Giorgio
Se non mi vuoi aiutare, basta dire che hai voglia di fare lo stronzo.
Mirko sbuffa. Getta la lattina vuota a terra.
MIRKO
Vado a prenderti le chiavi.
SCENA 17 – INTERNO OPEL ASCONA
All’interno della macchina GIORGIO fa lunghi respiri. Sembra sconvolto, mentre si asciuga la fronte dal sudore.
Giorgio
Calma. È solo suggestione.
Con la mano che trema riaccende l’auto e subito i tergicristalli tornano in funzione con un guaito fastidioso. Lui sobbalza, poi scuote la testa e riparte.

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GIORGIO
Che cagone del cazzo che sono.
Giorgio è di nuovo tranquillo quando l’autoradio si accende all’improvviso. L’uomo urla spaventato, ma non molla le mani dal volante. La radio passa in modo frenetico da una stazione all’altra, in una cacofonia di rumori. Giorgio fa per spegnerla ma una mano bianca si sovrappone alla sua. Ha un tuffo al cuore e per poco non si piscia addosso. Si volta verso il sedile del passeggero e trova a fissarlo il volto sfigurato di una persona, bianca cadaverica, con il vuoto al posto degli occhi. Il DEMONE SCHIFOSO.
Giorgio vuole urlare, ma fatica ad articolare un suono. L’auto sbanda e rimane in carreggiata per pura fortuna.
GIORGIO
Chi sei? Cosa vuoi da me?
Urla infine Giorgio, quasi piangendo. Sente il Demone Schifoso avvicinarsi a lui. L’alito dell’entità gli colpisce la guancia. É gelido. Giorgio si scosta ma quello si fa sempre più vicino.
GIORGIO
Ti prego, ti prego, ti prego. Vai via… Cosa vuoi da me?
La radio salta da un canale all’altro, troncando interviste, canzoni e jingle, a formare una nuova frase di senso compiuto.
RADIO
Inferno. Ti. Sta. Aspettando.
GIORGIO
Ti prego io sto solo andando a prendere i miei figli a scuola…
RADIO
Ora. Tu. Morirai.
Giorgio pesta sull’accelleratore e urla. Anche il Demone Schifoso urla, mettendo in mostra i denti aguzzi.
Ai 180 km/h il volante dell’auto vibra in modo preoccupante, anche la macchina fa un rumore strano. Quando sembra che Giorgio stia per uscire di strada, l’uomo pesta sul freno e l’auto inchioda sbandando per una trentina di metri.
Si trovano davanti alla scuola elementare in mattoni rossi.

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Giorgio non aspetta neanche un secondo: afferra le chiavi ed esce dalla macchina. Quando chiude lo sportello, vede il volto del demone contorcersi al di là del vetro.
SCENA 18 – AUTODEMOLIZIONI DA MIRKO (FLASHBACK)
MIRKO mette un mazzo di chiavi nelle mani di GIORGIO.
MIRKO
Mi devi una birra. Ricordalo.
GIORGIO
Ma sta storia del fantasma?
MIRKO
Massì, c’è sto demone con tutte ste bolle in faccia. Uno schifo. Non si capisce se è una maledizione babilonese o il fanstasma di sto tizio che in autostrada…
GIORGIO
Ma… ma… è pericoloso?
MIRKO
Mannò! Fa solo scena. Il peggio che ti capita è che t’insulta in latino. É innocuo! E poi non può uscire. É il demone della macchina perchè sta nella macchina, da lì non si muove, fidati.
Mirko sorride dando una pacca sulla spalla all’amico.
SCENA 19 – INTERNO OPEL ASCONA
GIORGIO, sul piazzale della scuola saluta i due bambini, LUCA e GIGETTO che stanno correndo verso di lui. Getta un’occhiata al demone, che si contorce assatanato sui sedili anteriori dell’Opel.
GIORGIO
La mia ex-moglie mi fa molta più paura.
Torna a guardare i figli, salutandoli con un braccio.