
Sweet Hank Williams
Sweet Hank Williams
Due cose due su….
Hank il vagabondo.
Hank l’attaccabrighe.
Hank l’alcoolizzato.
Hank il solitario.
Hank l’innovatore.
Hank il sognatore.
Hank il genio.
Hank sospeso tra il bene e il male.
Hank Williams era tutto questo; è stata la prima rockstar, anche se il termine non era stato ancora coniato, ed è stato un rivoluzionario.
A undici anni sfidava le convenzioni del sud e dell’Alabama passando il tempo a imparare la chitarra da un musicista di colore ( tale Rufus Payne),che lo avviò ad amare non solo il blues ma anche il whisky.
Si iscrisse a tutti i concorsi per musicisti dilettanti e a quattordici anni li aveva già vinti tutti.
Non accettavano più is dizioni del piccolo Hank perché tanto vinceva sempre lui.
La sua vita è stata breve, di conseguenza la sua carriera discografica, ma quello che ci ha lasciato rimane di importanza inimmaginabile.
Ovviamente senza Hank e il suo Honky Tonk non avremo avuto il Rock and Roll,forse lo aveva già inventato dato che nei suoi brani si fondono beatamente Country,Blues,e Gospel,senza contare che aveva osato aggiungere nella musica Country uno strumento esotico come la batteria, considerato per i puristi troppo black e troppo legato alla cosiddetta musica del diavolo.
Ma la cosa che stupisce sono pure testi, cantati da uno che li ha vissuti sul serio, un cane bastonato dalla vita che fino all’ultimo non si è mai arreso, nonostante fra le altre cose fosse stato sbattuto fuori dal Grand Ole Opry e abbandonato dai suoi amati Drifting Cowboys.
Prediligeva bere smodatamente il nostro Hank, ma non solo pere il gusto del bere in sé, ma anche peer alleviare i dolori lancinanti alla schiena, era nato infatti con una malformazione alla colonna vertebrale (spina bifida), è cosi’ che è morto il 1 Gennaio del 1953,nel sedile posteriore di una Cadillac, per un mix di morfina (prescritta dal suo medico peraltro) e alcool.
La sua vita non deve essere stata facile e ce lo dice nelle canzoni, si inventa anche un alter ego (Luke the Drifter) per trattare temi più cupi e deprimenti, la sua casa discografica non voleva che il nome di Hank Williams fosse associato a certe questioni, percio’ decisero che fosse Luke the Drifter a incidere cose tipo “cold cold heart” o “dear John” o “long gone lonesome blues” o anche “moanin’ the blues”.
Da quello che ho capito ad Hank Williams i brani venivano fuori cosi’ in modo naturale, senza starci a pensare troppo, ed è una cosa che si riesce a percepire.
A volte Hank invece di cantare parlava e ti faceva capire che si la vita poteva anche avere dei momenti schifosi, ma c’era sempre speranza.Non è una cosa da poco.
La prima volta che “incontrai” Hank fu nell’ormai lontano 1991. Era uscita una raccolta di brani Rock and Roll anni ’50( rip it up) e in concomitanza su italia1(?!?!?!?!?) fecero un documentario che si chiamava la lunga notte del Rock and Roll e si ovvio rimasi fulminato da Jerry Lee, Buddy, Little Richard, ecc. ecc. Ma ricordo molto bene quando all’inizio facendo una panoramica sulle presunte origini del genere, mostrarono prima Muddy Waters e poi Hank che cantava “Jambalaya (on the bayou)”, rimasi semplicemente incantato, un fantasma vestito da cowboy, un fantasma cha da allora non mi ha piu’ lasciato. Hank Williams 6 Bis al Grand Ole Opry.
Long Live the King Hank Hiram.